«Non dobbiamo più essere dei consumatori, o degli utilizzatori dell’energia: dobbiamo diventare gestori dell’energia, sia della nostra casa o della nostra fabbrica, sia verso il mondo esterno, perché ci siamo dati delle regolamentazioni, degli obiettivi anche molto ambiziosi, come quello europeo di diventare carbon neutral entro il 2050». Lo ha detto Sergio Carrara di Abb Electrification, introducendo il quinto e ultimo incontro della serie Transformation Talks organizzati da Abb in collaborazione con Confindustria Bergamo (Progetto Innoveas), Politecnico di Milano e Imq. Questa frase riassume un po’ quello che ci aspetta: in pratica, se vogliamo azzerare le emissioni, ognuno dovrà fare la sua parte, sia consumando in modo più intelligente (eliminando gli sprechi in primis), sia aiutando a produrre o a immagazzinare energia.
Per favorire questo radicale cambio di approccio, l’Unione Europea ha emanato negli ultimi anni una serie di Direttive e ha predisposto stanziamenti. L’Italia sta man mano recependo le varie normative e ha provveduto a inserire nel Pnrr indicazioni e fondi in accordo con la politica europea, che hanno favorito la partenza di progetti pilota come le Uvam, le Cec e le Rec (comunità rinnovabili). I maggiori trend emergenti riguardano la progressiva riduzione delle dimensioni degli impianti di produzione, e il cambio di mentalità da una visione “a silos” a una più olistica nella quale le tecnologie di produzione e gestione dell’energia vengono sviluppate in modo congiunto. Sulla stessa linea è il progressivo passaggio da un approccio individuale a uno più “collegiale”, con il concetto emergente di energy community.
Per incoraggiare questi trend e avvicinarsi alla visione di un futuro a zero emissioni, l’Italia sta mettendo a disposizione vari strumenti: dai Certificati Bianchi all’Ecobonus, dalle detrazioni per ristrutturazioni edilizie a fondi strutturali e altro ancora. Il tutto all’interno di un quadro normativo nazionale che sta recependo abbastanza rapidamente le varie direttive europee. Tanto da permettere già nel 2019 la partenza di varie sperimentazioni che, a distanza di circa un anno, stanno già dando buoni risultati – in particolare ci riferiamo al discorso Uvam. Alla luce dei primi dati che emergono dai progetti pilota, e conoscendo la direzione presa dallo sviluppo tecnologico, ci dobbiamo quindi aspettare di vivere in un’Europa dove tutti saranno chiamati a collaborare nella gestione sostenibile dell’energia, mettendo a disposizione le sue risorse: chi i pannelli fotovoltaici sul tetto dell’azienda (o dell’abitazione), chi i propri sistemi di accumulo e magari la batteria della propria auto elettrica, quando essa non è utilizzata.
Oltre il risparmio: il tema dell’efficienza energetica
Il tema dell’efficienza nell’uso dell’energia, e dell’intelligenza necessaria per ottenerlo, è stato centrale nei vari incontri del ciclo Transformation Talks (le cui registrazioni sono disponibili sul web), e del resto è anche il punto focale sul quale si giocheranno le politiche energetiche e green della Comunità Europea nei prossimi tre decenni. L’Europa infatti si è posta l’obiettivo della carbon neutrality entro 30 anni, e per arrivarci bisogna prima di tutto eliminare i combustibili fossili dal ciclo della produzione di energia, sostituendoli con fonti rinnovabili. Purtroppo, le rinnovabili hanno alcuni enormi difetti che le rendono poco pratiche se impiegate all’interno di una struttura di distribuzione dell’energia di tipo “tradizionale”, ovvero basata su poche grandi centrali che coprono l’intero fabbisogno di una nazione. Detti problemi sono essenzialmente legati prima di tutto alla natura “discontinua” delle fonti rinnovabili, come il sole o il vento, che non sono sempre disponibili e nella quantità necessaria, e poi al fatto che la densità di produzione dell’energia di queste fonti è generalmente bassa, cosa che rende necessaria la realizzazione di impianti molto grandi per generare quantità di energia relativamente basse.
Quindi, visto che la maggior parte dei Paesi europei sono restii, per motivi di consenso politico, ad aprire nuove centrali nucleari a fissione, e anzi negli ultimi anni hanno spento alcune di quelle in esercizio; visto che non si potrà contare sulle centrali a fusione, assodato che gli scienziati ci raccontano che saranno “pronte fra vent’anni” ormai dagli anni ‘70; e visto che non si può contare su una riduzione dei consumi, stante l’imminente conversione all’elettrico di gran parte del parco veicoli, all’Europa non rimane altro che concentrarsi sulla razionalizzazione dei consumi, e prima ancora degli impianti di produzione e delle reti di trasporto per riuscire, riducendo gli sprechi, a garantire alla Comunità una quantità di energia sufficiente a mantenere la stabilità economica. Inutile ricordare infatti che la disponibilità di energia a basso costo è, da sempre, un indice affidabile del livello raggiunto da una civilizzazione. E lo rimarrà anche aggiungendo ai requisiti di economicità quelli relativi al rispetto per l’ambiente.
Le iniziative Europee per l’ottimizzazione dei consumi
Fra le iniziative già avviate in questa direzione, molto importante è la creazione delle smartgrid, ovvero delle reti intelligenti di distribuzione dell’energia, reti nelle quali, grazie al tempismo di Terna, l’Italia è all’avanguardia nel continente, e fra le prime nazioni a livello mondiale. In particolare, le Uvam (Unità Virtuale Abilitata Mista, evoluzione delle precedenti Uva aperte alle rinnovabili) rappresentano la punta avanzata degli esperimenti. Si tratta di reti alle quali possono partecipare vari soggetti, con ruoli sia di produzione, anche con impianti piccoli e discontinui, sia di utilizzo o di accumulo. Un “Aggregatore”, sorta di controllore del sistema, si occupa di rilevare e se possibile prevedere (con tecniche di intelligenza artificiale) i consumi, di misurare l’energia prodotta, e potenzialmente disponibile, da ogni impianto, e di gestire il tutto per far sì che la rete sia stabile e fornisca a ciascuno l’energia necessaria. Cosa che implica, per esempio, il poter prevedere quanta energia potrà produrre nei giorni seguenti ogni impianto solare, in base alle previsioni meteo, o quanta ne servirà alle colonnine di ricarica poste lungo l’autostrada nei giorni di un esodo verso i luoghi di vacanza. Ma richiede anche di essere in grado di decidere come immagazzinare al meglio l’energia quando ne viene prodotta in sovrappiù: carichiamo degli accumulatori? Produciamo e stiviamo idrogeno? Pompiamo acqua nei laghi in quota per poi riutilizzarla? Queste e altre sono tutte soluzioni possibili, ma la scelta migliore sarà diversa volta per volta, a seconda di una miriade di variabili che solo un sistema digitale basato su Ia e Machine Learning può coordinare. Non dimentichiamo che si tratta di passare da qualche centinaio di punti di produzione a diverse centinaia di migliaia. E, in futuro, a diversi milioni, se verrà implementato il cosiddetto “vehicle to grid”, ovvero un sistema che permetterà di sfruttare le batterie delle auto elettriche come accumulatori in grado di restituire su richiesta energia alla rete. «Per quanto riguarda la mobilità elettrica, Abb è fra i leader di mercato, in grado di offrire sistemi di ricarica che vanno da pochi kW a centinaia di kW, sia per autovetture elettriche sia per mezzi pesanti o autobus, in corrente alternata o in corrente continua» spiega Carrara. Par di capire che quando sarà necessario disporre funzioni vehicle to grid, Abb sarà pronta.
Oltre alle Uvam, un altro fronte interessante è quello promosso dalla Direttiva Europea Iem II, che istituisce le Cec, comunità di persone fisiche, enti pubblici e piccole imprese (meno di 50 addetti e fino a 10 milioni di fatturato) che insistono su un’area dove è presente almeno un impianto di produzione (alimentato da qualsiasi fonte) di proprietà della comunità. All’interno della Cec, i membri possono produrre, vendere, accumulare, scambiare l’energia prodotta, anche utilizzando una rete di proprietà o comunque gestita dalla community. O ancora le Comunità Rinnovabili (Rec) definite dalla Direttiva Red II, formate da cittadini e Pmi all’interno di un’area circoscritta dove sia presente almeno un impianto di produzione dell’energia alimentato con fonti rinnovabili. Anche qui saranno permessi produzione, consumo, autoconsumo e vendita, e molto probabilmente anche la partecipazione al mercato del dispacciamento. Ma è anche possibile aiutare l’ottimizzazione dei consumi senza aggregarsi in comunità, semplicemente lavorando sulla transizione ecologica: per esempio, sostituendo nella propria azienda i combustibili fossili con fonti rinnovabili, i veicoli a combustione con quelli elettrici, e riqualificando gli edifici in ottica di risparmio energetico. Ricordando che il governo riconosce un credito di imposta per le attività di innovazione tecnologica che hanno un obiettivo di transizione ecologia o di innovazione digitale 4.0 (credito che la legge di bilancio del 2021 ha portato al 15% su un massimo di 2 milioni di euro). Abb sta appunto lavorando in questa direzione.
Secondo Carrara, «Il nostro LightHouse Plant di Dalmine è una delle fabbriche selezionate dal Cluster Fabbrica Intelligente per conto del Mise, che ha l’obiettivo di realizzare un piano di ricerca triennale finalizzato a introdurre innovative applicazioni digitali nell’ambito dei processi produttivi. Tra gli obiettivi c’è anche la crescita delle Pmi partendo dalla eliminazione degli sprechi, la Transizione 4.0 e la digitalizzazione». Fra le tematiche sulle quali si lavora a Dalmine troviamo Big Data e analytics, Virtual Factory, sostenibilità, Controllo e consumi dell’impianto tramite Abb Ability Eam, Uso delle fonti rinnovabili (con l’impianto fotovoltaico da 930kWp), mobilità elettrica. Il modo migliore per procedere su questo percorso è di riferirsi alla norma Iso 50001, che può fare da bussola nelle varie fasi di implementazione. Una delle proposte di Abb riguardo queste tematiche è Intelligent Distribution, un sistema di monitoraggio e controllo intelligente delle grid energetiche. Il sistema Abb è plug&play, scalabile e integrabile con altri sistemi grazie all’uso di protocolli di comunicazione standard. Rende disponibili i dati su reti aziendali o tramite la piattaforma Web Abb Eam (Energy and Asset manager), e dispone di funzioni di misura, comunicazione, gestione e manutenzione direttamente integrate nei componenti degli impianti elettrici.
I trend dell’energia e gli indirizzi europei
«Trend come la produzione distribuita, con il passaggio da poche centrali a moltissimi impianti di piccola taglia e soprattutto da fonte rinnovabile, fotovoltaico in primis; l’elettrificazione, con il passaggio sempre più significativo al vettore elettrico, per esempio pensiamo ai veicoli elettrici, o alle pompe di calore; e la digitalizzazione pervasiva di tutti gli impianti di produzione, distribuzione e utilizzo dell’elettricità (per esempio pensiamo agli smart building) stanno cambiando e cambieranno sempre di più la fisionomia del sistema energetico» ha detto Simone Franzò, PhD Energy & Strategy, Politecnico di Milano. C’è una elevata consapevolezza della necessità di gestire la variabile energetica in un modo più proattivo e responsabile, e non solo per un discorso di ecologia o rispetto per l’ambiente: il fatto è che gestire correttamente questi trend, questa transizione, potrebbe creare per le aziende un vantaggio competitivo. Un altro aspetto interessante è che stiamo passando da un approccio molto compartimentato, a silos, in cui si parla di rinnovabili o di efficienza, a un approccio più “olistico”, nel quale tutte le tecnologie per produrre e gestire l’energia sono sviluppate in modo congiunto «Un altro trend emergente, che non ha ancora scaricato a terra tutte le sue potenzialità, è il lento passaggio in corso da un approccio individuale a gestione energia (singole utenze residenziali e imprese) a un approccio collegiale, che si esemplifica nel concetto di energy community. Ci aspettiamo che questo possa giocare un ruolo importante all’interno del sistema energetico nazionale ed europeo».
Per capire come si sviluppano questi trend, e come l’Europa sia intervenuta per indirizzarli, bisogna fare un passo indietro. «Il Green Deal europeo stabilisce sfidanti obiettivi di decarbonizzazione secondo un duplice orizzonte temporale – spiega Franzò – ovvero per il 2030 un taglio delle emissioni del 55% rispetto ai valori del 1990 (a fonte di un precedente obiettivo fissato al 40%) e per il 2050 la neutralità climatica. Questi obiettivi amplificano la necessità di un cambio di passo nell’evoluzione del settore, relativamente all’efficienza energetica e alle fonti rinnovabili nel nostro Paese, che permetta di raggiungere livelli di crescita notevolmente superiori a quelli osservati negli ultimi anni». Su questa linea si è mosso il Governo con il Pnrr, che destina una notevole quantità di fondi ai temi della transizione ecologica (40%) e della transizione digitale (27%). Anche esaminando le sei “missioni” individuate dal piano, si vede che sulle missioni di Digitalizzazione, Innovazione, Competitività e cultura sono allocate il 21% delle risorse, e un altro 30% è destinato a rivoluzione verde e transizione energetica. Esaminando più da vicino la missione Rivoluzione verde e transizione ecologica scopriamo poi che è suddivisa in 4 componenti, che sono Economia Circolare e Agricoltura Sostenibile; Energia rinnovabile, Idrogeno, rete e mobilità sostenibile; Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici; Tutela del territorio e della Risorsa idrica. Le energie rinnovabili e l’efficienza energetica fanno la parte del leone, con rispettivamente 25,36 e 22,26 miliardi di euro stanziati. Da segnalare i 13,81 miliardi (sui 22,26) che verranno impiegati per l’efficientamento energetico (e sismico) dell’edilizia residenziale privata e pubblica. Infatti, il nostro Paese è caratterizzato dalla presenza di un’elevata percentuale di edifici residenziali a bassissima efficienza energetica – non che quelli pubblici siano in condizioni migliori, intendiamoci.
I titoli Tee e altri incentivi
Fra gli strumenti incentivanti che il nostro Paese mette a disposizione delle aziende impegnate nell’efficientamento, uno dei più importanti è costituito dai Tee o Titoli di Efficienza Energetica, più comunemente noti con il nome di Certificati Bianchi. «I Tee sono titoli negoziabili, rilasciati dal Gse, che certificano il conseguimento di risparmi negli usi finali di energia attraverso interventi di aumento dell’efficienza. Un Tee equivale al risparmio di una Tonnellata Equivalente di Petrolio (Tep). Il meccanismo indica come soggetti obbligati al risparmio di energia primaria i distributori di energia elettrica e gas naturale con più di 50.000 utenti finali; essi possono adempiere all’obbligo realizzando direttamente interventi oppure acquistando Tee a mercato. I certificati sono riconosciuti per i risparmi calcolati come differenza “fra il consumo di baseline e il consumo energetico conseguente alla realizzazione di un progetto”». Per consumo di baseline si intende quello antecedente alla realizzazione del progetto di efficienza energetica. Da notare che è possibile guadagnare vendendo i titoli in eccesso grazie al raggiungimento di un risparmio superiore rispetto a quello annualmente prestabilito, mentre chi non riesce a ottemperare agli obblighi minimi assunti viene sanzionato e dovrà quindi acquistare sul mercato ulteriori titoli, fino a raggiungere l’obiettivo minimo. Quindi, chi riesce a conseguire buoni risultati di efficientamento sarà premiato dal mercato, potendo vendere Tee. A conferma di ciò che dicevamo più sopra, ovvero che la transizione ecologica può trasformarsi da spesa a fonte di reddito per l’azienda.
Il meccanismo dei certificati dovrebbe contribuire – secondo le previsioni – con 12,3 Mtep, per oltre il 20% dei risparmi complessivi richiesti dal Pniec (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima) stilato nel 2019 e che prevede di raggiungere, entro il 2030, un risparmio di 57,44 Mtep, con una riduzione dei consumi finali lordi di energia del 39,7% rispetto allo scenario di riferimento Primes 2007. Per arrivare a questo risultato, però, i risparmi conseguiti con il meccanismo dei certificati bianchi dovranno decuplicare nel giro di 10 anni, con un incremento annuo di 0,22 Mtep. Oltre ai Tee, ci si aspettano buoni risultati dalle detrazioni per le ristrutturazioni edilizie, dall’Ecobonus, e dai trasporti, e contributi più modesti ma pur sempre significativi da fondi strutturali, Conto Termico, Impresa 4.0 e altri incentivi.
Il quadro normativo nazionale
L’Italia ha avviato il processo di recepimento della direttiva europea Red II all’inizio del 2020 e, inserendo nel quadro normativo nazionale le nuove configurazioni da essa definite, ha avviato una fase pilota, propedeutica al definitivo recepimento della Direttiva, previsto entro giugno2021. Già nel Decreto Milleproroghe (febbraio 2020) sono state introdotte nella legislazioni italiana le definizioni di “Autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente” e “Comunità di Energia Rinnovabile”. Un altro passo è stato fatto con la pubblicazione della Delibera Arera 318/2020, del Decreto Attuativo del Mise (settembre 2020) e delle regole tecniche del Gse (dicembre 2020). Le attività concesse dal Milleproroghe ad Autoconsumatori e Comunità sono quelle di produzione, vendita, accumulo e condivisione, internamente alla comunità, dell’energia prodotta. Il tutto tramite la rete esistente, quindi senza realizzare nuovi tratti di rete e senza cedere parte della rete pubblica all’uso privato della comunità. La successiva delibera Arera definisce la figura del Referente, che è responsabile dei rapporti con il Gse, mentre il decreto attuativo del Mise ha stabilito la tariffa incentivante per la remunerazione dell’energia prodotta con fonti rinnovabili da Autoconsumatori. Questa tariffa per i prossimi venti anni sarà pari a 100 €/Mwh per gli impianti in configurazione di autoconsumo collettivo, e 110 €/Mwh per gli impianti che fanno parte di una comunità energetica rinnovabile. Inoltre, ha stabilito anche che tutta l’energia prodotta dagli impianti della configurazione ed immessa in rete resta nella disponibilità del referente della configurazione, con facoltà di cessione al Gse.
Oltre alle varie community, è stato normato anche lo Scambio Sul Posto (Ssp), definito come la valorizzazione dell’energia prodotta da impianti Fer e immessa in rete che consente di compensare l’energia prodotta e messa in rete in un certo momento con quella prelevata in un momento differente da quello in cui avviene la produzione. Da notare che l’accesso all’Ssp è alternativo ai meccanismi di incentivazione previsti dal Decreto Fer 1 e a quelli previsti per le Comunità Energetiche. «A fine 2019, il totale degli impianti che beneficiano del meccanismo dello Ssp è pari a 710.525, per una potenza complessiva di circa 6 GW. La maggior parte degli impianti ricade nella fascia di potenza tra 3 e 20 kW (oltre 420.000 impianti per una potenza di 2,9 GW)» nota Franzò. Oltre ai certificati bianchi, un altro meccanismo che favorisce l’evoluzione del sistema elettrico è stato l’apertura del Msd, Mercato dei Servizi di Dispacciamento, apertura iniziata con la delibera 300/2017/r/eel e proseguita con vari provvedimenti successivi. «Grazie a questa apertura, sono partiti vari progetti pilota con l’obiettivo di raccogliere risultati ed evidenze utili per la stesura del nuovo Testo Integrato del Dispacciamento Elettrico» spiega Franzò.
Uvam, un progetto pilota di successo
Le Uvam cui abbiamo accennato prima sono appunto uno di questi progetti, anche se non uno dei primi. Prima di esse infatti si era iniziato con le Uva (Unità Virtuali Abilitate) nelle quali però la formula di partecipazione di fatto escludeva la quasi totalità delle sorgenti da rinnovabili, richiedendo esplicitamente impianti abilitati e programmabili – in pratica, centrali di grandi dimensioni e capaci di fornire la capacità nominale “on demand”. Esattamente il contrario delle rinnovabili, in genere di bassa potenza e condizionate, nel funzionamento, ai capricci del meteo. Con il passaggio ai progetti Uvam (Uva Miste) la situazione è cambiata radicalmente e la sperimentazione si è avvicinata nettamente alla realtà esistente sul territorio, e che diventerà sempre più pervasiva nei prossimi tre decenni. I risultati della sperimentazione, iniziata nel 2019, sono del resto buoni, e stanno cominciando a soddisfare le richieste di energia di Terna. «La sperimentazione ha visto una partecipazione crescente nel corso del 2019 e una saturazione dell’Area A (nord e centro-nord) nella prima asta del 2020, mentre si è assistito a una saturazione dell’Area B (sud, centro-sud e isole) nell’asta infrannuale di aprile 2020, con il 96% del contingente disponibile già saturo a gennaio». Alle aste del 2020 hanno partecipato 20 diversi operatori (mostrando un consolidamento rispetto ai 27 nomi presenti l’anno precedente), dei quali 8 con capacità aggiudicate da 0 a 10 MW, 8 con capacità da 10 a 100 MW, e 4 con capacità superiori a 100 MW – questi ultimi sono BurgoEnergia, Ego, Epq ed Enel X. Analizzando il progetto pilota su un orizzonte temporale relativo al periodo maggio 2019-marzo 2020, emerge una buona affidabilità delle Uvam, che hanno garantito la fornitura dell’85,5% delle quantità di energia pattuite. È quindi auspicabile prevedere un ruolo attivo delle Uvam in quello che sarà il nuovo sistema di produzione e distribuzione dell’elettricità nel nostro Paese, anche alla luce del fatto che da un punto di vista economico rappresentano una interessante opportunità.
In futuro, mano a mano che i sistemi di gestione della smart grid diventeranno sempre più capaci di mantenere la stabilità della rete, gestendola in modo sicuro ed economico, assisteremo a una progressiva riduzione della dimensione media degli impianti. «Un trend che ci aspettiamo nei prossimi anni, riguarda la diminuzione progressiva della taglia delle singole unità che forniscono i servizi, fino ad arrivare a taglie “micro”, dell’ordine dei kW o poche decine di kW, per esempio i sistemi di storage a livello residenziale, o le batterie della auto elettriche, o le pompe di calore di case e uffici. La tecnologia deve ancora evolversi perché queste iniziative su piccola scala siano fattibili dal punto di vista tecnico ed economico, tuttavia, essendoci un enorme potenziale di flessibilità gli operatori stanno lavorando per identificare soluzioni che siano tecnicamente ed economicamente fattibili».