Nasce la Fondazione Edison Orizzonte Sociale per sostenere progetti e realtà: «Vogliamo lavorare assieme alle comunità locali per costruire iniziative di coesione e sviluppo»
Tutto inizia la scorsa primavera, quando, in un’Italia nel suo primo lockdown, era difficile anche solo immaginare una ripartenza. È in questo periodo che Edison, l’azienda italiana tra quelle leader nel mercato energetico, decide di fare qualcosa di concreto per uscire dal momento buio che stavamo attraversando. Così inizia a pensare a Fondazione Edison Orizzonte Sociale il cui acronimo «Eos» richiama anche il nome greco della divinità dell’aurora: una nuova realtà, interna all’azienda, che non si limita a fare beneficenza, ma che intende investire risorse ed energie lavorando fianco a fianco con le istituzioni e le realtà del Terzo settore interessate a costruire progetti di coesione e sviluppo sociale.
Un nuovo approccio, che altri grandi del settore stanno mettendo in pratica: un impegno sociale concreto, che punta a investimenti mirati su alcuni dei temi più discussi nell’agenda setting mondiale. Eos nei suoi primi tre anni di vita si concentrerà soprattutto sull’educazione allo sviluppo sostenibile e sul sostegno alla cultura, rivolgendosi in particolare agli adolescenti più svantaggiati e ai territori del Sud Italia, più colpiti durante la pandemia.
«Non intendiamo solo costruire progetti – sottolinea Nicola Monti, ad di Edison e presidente di Eos – ma realizzarli insieme. Non vogliamo regalare i nostri utili, bensì concepire un modello diverso di business. Vogliamo lavorare assieme alle comunità locali, generando un impatto sociale. Le imprese oltre alle elargizioni hanno molto altro offrire. Hanno capacità organizzative e persone in grado di realizzare iniziative importanti, soprattutto per i giovani e per il Sud. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza – continua Monti – porterà 220 miliardi di euro da investire: 70 di questi saranno destinati alla transizione ecologica e altri 20 all’inclusione sociale. Ma tale fase di rilancio riguarda tutti: penso che i grandi imprenditori debbano sempre più prendere coscienza che devono essere protagonisti dello sviluppo, non solo economico, ma anche sociale».
Laboratori
Eos, che da poco ha formato il suo comitato scientifico con esperti di rilievo (da Paola Dubini della Bocconi a Paola Garrone del Politecnico, dal sociologo Flaviano Zandonai a Christian Greco direttore del Museo Egizio), punterà almeno inizialmente a consolidare alcuni progetti su cui Edison aveva già investito in passato. A cominciare dai laboratori, sviluppati con Fab Lab, dove si educa per stimolare nuove competenze creative e imprenditoriali nei ragazzi. «Cominciando a parlare di energia sostenibile – spiega Francesca Magliulo, direttrice di Eos – aiutiamo i giovani, soprattutto oggi così colpiti dagli effetti della pandemia, a sviluppare le proprie capacità personali. Per questo stiamo cercando di coinvolgere le scuole, ma anche le associazioni che si prendono cura di adolescenti ai margini».
L’altro grande tema riguarda invece la sostenibilità, non solo ambientale, ma anche sociale. In questi anni Edison ha lavorato con il mondo della cultura, a cominciare dal cinema fino ad arrivare alla musica e al teatro, per l’adozione di una serie di linee guida volte al risparmio energetico e all’inclusione sociale.
Con il mondo del cinema
Per il grande schermo, in particolar modo a partire dal 2011, col progetto Edison Green Movie è stato pensato un protocollo indirizzato alle case di produzione cinematografiche per imparare a ottimizzare i tempi sul set: dal risparmio energetico alla scelta e utilizzo dei materiali, al trasporto di cose e persone, all’adozione di comportamenti responsabili da parte di tutta la troupe, compresa l’attenzione al tipo di catering e alloggio per i lavoratori interessati.
«Ora – prosegue Magliulo – stiamo lavorando anche con i luoghi, dove si fa cultura, come il Museo egizio di Torino. Qui stiamo progettando un percorso di sostenibilità, non solo strutturale, in grado di coinvolgere anche gli stessi dipendenti e il pubblico che frequenta il museo. Vogliamo trasformare i musei e le biblioteche, che sono ancora poco frequentati dai ragazzi, in centri di innovazione sociale e creativa».
Articolo tratto da corriere.it